Laurea Magistrale

I nostri studenti in visita tecnica al Centro Monitoraggio Geologico di ARPA Lombardia a Sondrio

Nell’ambito dell’insegnamento di “Tecniche di posizionamento e controllo” le professoresse Barbara Betti e Alberta Albertella hanno organizzato il 31 maggio 2022 una visita tecnica presso il Centro Monitoraggio Geologico (CMG) di ARPA Lombardia a Sondrio, dove gli studenti hanno visitato la sala operativa del centro. Qui il Dott. Luca Dei Cas, dirigente del CMG, ha illustrato come le grandi frane della Lombardia sono monitorate in tempo reale 24 ore su 24. Gli studenti hanno avuto la possibilità di osservare la quantità e la metodologia di raccolta ed analisi dei dati rilevati dai vari sensori, come sensori idrometeorologici, sensori per il monitoraggio topografico e GNSS, geotecnico e geologico, webcam, e collezionati in tempo reale (o quasi-reale) relativi a tutti gli eventi franosi sotto osservazione (attualmente 43). Questo tipo di monitoraggio è eseguito ai fini dell’allertamento e serve per controllare l’evoluzione dei movimenti dei corpi franosi, identificando così il grado di pericolosità e attivando i meccanismi di difesa più efficaci in funzione di differenti livelli di allerta, realizzando così un sistema di early-warning. Prima di implementare un sistema di early-warning il CMG esegue dei monitoraggi a scopo conoscitivo al fine di comprendere l’entità e la pericolosità del fenomeno. Il CMG di ARPA Lombardia è un centro di eccellenza nel panorama italiano rispetto alla realizzazione di sistemi di early-warning.

La visita si è conclusa con un sopralluogo al sistema di monitoraggio installato presso la frana della Val Genasca. La frana ha un’estensione di circa 30.000 m2 e le sue caratteristiche cinematiche sono monitorate da diverse strumentazioni: degli estensimetri a filo, una stazione meteorologica, una stazione totale robotizzata, 20 mire ottiche poste sia all’interno che all’esterno dell’area in movimento, dei tubi piezometrici e inclinometrici. Il sistema di monitoraggio topografico è installato nel territorio comunale di San Giacomo Filippo (frazione di Ugia) in provincia di Sondrio dove gli studenti hanno potuto osservare direttamente l’area interessata dalla frana nel suo insieme (che si trova sul versante opposto al sistema di monitoraggio) e la strumentazione presente in loco per il suo monitoraggio, come la stazione totale robotizzata per il monitoraggio topografico o la webcam, così come capire la metodologia con cui sono state installate mire ottiche e inclinometri nell’area interessata dalla frana, grazie alla possibilità di avere una visione di insieme del corpo franoso.

L’analisi dei dati raccolti da questi sensori ha permesso nel tempo di stimare in circa 500.000 m3 il volume di materiale in movimento e, in particolare, i dati topografici sono stati fondamentali per definire il cinematismo della frana, evidenziando uno slittamento rotazionale che ha permesso di costruirne il modello geologico. Si è potuto comprendere infine come l’attuale rete di controllo sia stata predisposta ai fini di allertamento per l’attivazione di un eventuale piano di protezione civile.

Gli studenti presenti erano Samuel Michel Bulgarini, Goffedo Caruso, Lisa Ferrari, Isabella Galbiati, Giuseppe Grillo, Katia Guadagnin, Germano Gualandi, Pietro Lombardo, Francesco Palmisano, Tommaso Piro, Matteo Rondena, Matteo Stigliani e Vincenzo Trisciuoglio, accompagnati dalle professoresse Barbara Betti ed Alberta Albertella, oltre che dai tutor Dr. Lorenzo Rossi e Dott. Rodrigo Cedeno.

Rischio idrogeologico e protezione civile: dall’aula al campo

Nell’ambito dell’insegnamento Rischio idrogeologico e protezione civile, quest’anno gli studenti hanno avuto modo di conoscere anche sul campo le due anime del corso, attraverso tre momenti formativi su due giornate

Il 13 Maggio 2022, la mattinata è stata dedicata al mondo della mitigazione del rischio idrogeologico, con una particolare attenzione al mondo degli interventi strutturali. Ci siamo recati a Modena, in corrispondenza della confluenza tra il Tiepido e il Grizzaga nella località Fossalta. Durante il sopralluogo i tecnici della regione hanno illustrato tutto l’iter progettuale per consolidare gli argini del Tiepido (utilizzo di gabbionate metalliche riempite di materiale ciottolare con granulometria grossolana, per facilitare la filtrazione dell’acqua). Ci hanno anche spiegato quanto sono stati innalzati gli argini a seguito dell’esondazione del 2020, quali sistemi di monitoraggio vengono utilizzati, quali sono i progetti futuri relativamente ai “lagoni” che si trovano in sito.

La spiegazione è stata molto completa, partendo dagli studi effettuati in seguito alle esondazioni precedenti e arrivando alle fasi di realizzazione, fornendo anche dettagliati particolari costruttivi. Ci hanno inoltre raccontato tutti quei dettagli e gli imprevisti che ci possono essere dietro il progetto.

 

Nel pomeriggio la visita è proseguita presso l’azienda CAE, ovvero una delle principali imprese nella progettazione, realizzazione e manutenzione di tecnologie per il monitoraggio e l’allertamento multirischio. Un’occasione per approfondire le tematiche delle strategie di difesa non strutturale.

Nella sede sono stati descritti alcuni dei sistemi di monitoraggio realizzati e attualmente in uso in Italia ed è stato mostrato il funzionamento di alcuni pluviometri e altri sistemi di monitoraggio ambientale, come gli igrometri). È stato possibile accedere al campo prove e alle diverse aree dello stabilimento (sala di controllo e supporto, sviluppo del prodotto e test di collaudo, magazzino, e area prove e sperimentazioni) in modo da capire come gli strumenti vengono ideati, realizzati e testati prima di essere immessi in commercio.

Ecco alcuni commenti sulla giornata:

L’esperienza ha permesso non solo di vedere delle realtà lavorative differenti tra loro e strettamente connesse con il percorso in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, ma anche di comprendere quanto sia importante la collaborazione tra diversi enti come l’Autorità di Bacino, la Protezione Civile e le aziende che si occupano di sensoristica e della realizzazione di tecnologie per il monitoraggio di rischi ambientali” (Lodovica)

Un’esperienza interessante, che ha permesso a noi studenti di capire cosa significa praticamente progettare un’opera di difesa idraulica in tutte le sue parti, e di capire come si può gestire una situazione emergenziale” (Gaia)

Entrambe le visite sono state molto interessanti e didattiche, ci hanno permesso inoltre di toccare con mano e vedere dal vivo aspetti e realtà trattate nel corso della nostra carriera didattica ed in particolare nell’insegnamento organizzatore della gita. Vedere di persona alcuni luoghi interessati in passato da eventi di piena, la messa in opera delle varie soluzioni ingegneristiche proposte e rendersi conto delle dimensioni e della mole di sforzi necessari per garantire la sicurezza del territorio è qualcosa che lascia a bocca aperta, specie se a presentare il tutto ci sono persone competenti, che conoscono il territorio e lo vivono tutti i giorni come coloro che ci hanno accompagnato” (Christian)

Non abbiamo tante occasioni in università di fare questo tipo di esperienze, che sono in realtà molto formative. L’uscita è stata anche un’occasione per conoscerci meglio tra compagni di corso e fare gruppo” (Adele)

La giornata non è stata incentrata su un singolo concetto da apprendere, ma ha messo in luce la multidisciplinarità del nostro ambito: come prima cosa abbiamo capito come si può intervenire strutturalmente in una zona soggetta ad alluvioni, poi ci è stata spiegata l’importanza dell’installazione e manutenzione dei sistemi di monitoraggio, fino a infine farci vedere come si tara in laboratorio uno strumento di misura pluviometrico” (Lara)

 

 

Il 28 maggio invece, ci siamo recati presso la sede del Comitato di Coordinamento del Volontariato di Protezione Civile della Città metropolitana di Milano a Peschiera Borromeo, per entrare in contatto con una delle componenti fondamentali del nostro servizio nazionale di Protezione Civile: il Volontariato. Abbiamo potuto approfondire come è impostata l’organizzazione del volontariato di Protezione Civile e scoprire cosa vuol dire essere un volontario attraverso aneddoti e racconti di esperienze dirette. Dopo pranzo, siamo scesi sul campo attrezzati di elmetto, guanti da lavoro e tanta voglia di fare!

Inizialmente abbiamo abbozzato il nostro obiettivo ossia quello di simulare un bypass che ci permettesse di prelevare l’acqua dal lago artificiale dell’Idroscalo per recapitarla in un canale di scarico, in maniera sicura.

Successivamente, ci siamo divisi in due gruppi e con il supporto e la guida dei volontari abbiamo costruito due sistemi di adduzione e restituzione dell’acqua installando le pompe, posizionando il tubo di aspirazione e stendendo la mandata in sicurezza, sia per gli operatori che per i passanti che si godevano un assolato sabato pomeriggio all’Idroscalo.

Anche in questo caso, le opinioni di alcuni studenti:

Ci siamo divertiti molto, ma ci manca ancora tanta pratica per arrivare alle loro velocità operative richieste sul campo. Siamo stati entusiasti e ci siamo stancati fisicamente ma credo che sia la voglia di mettersi in gioco quello che conta!” (Andrea)

È stata un’esperienza importante, intensa e formativa. Mentre lavoravamo sotto il sole di maggio, portando tubi e pompe da 80 chili, non solo abbiamo visto applicate nella più vera pratica operativa le nozioni che impariamo quotidianamente in aula, ma abbiamo compreso che le nostre figure professionali possono fare, per la comunità, molto di più di quello che pensavamo. É stata fonte di ispirazione vedere come possiamo mettere a disposizione le nostre competenze e soprattutto il nostro tempo gratuitamente per la sicurezza del nostro paese”(Sabrina)

Anatomia di un termovalorizzatore: familiarizzare con le necessità del tessuto urbano

Lunedì 30 Maggio 2022, gli studenti di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio iscritti all’insegnamento di Inquinamento Atmosferico del Prof. Giovanni Lonati, si sono recati in visita al termovalorizzatore di rifiuti di Torino e hanno avuto modo di vedere con i propri occhi i sistemi di depurazione dei flussi gassosi studiati durante l’anno.

Come funziona un termovalorizzatore?

In buona sostanza, un termovalorizzatore funziona come un enorme forno che utilizza come combustibile i rifiuti, trasformandoli in sostanze meno impattanti per l’ambiente, riducendo le quantità e i volumi di sostanze da inviare a smaltimento finale ed ottenendo un recupero di parte del contenuto energetico del rifiuto stesso. Il calore sviluppato dalla combustione dei rifiuti viene infatti convertito in energia termica ed elettrica da immettere in rete e rendere disponibile ai cittadini.

Ma bruciare rifiuti non inquina?

Senza ombra di dubbio bruciare in maniera non controllata i rifiuti è quanto di più sconsiderato si possa fare. Nel caso di un termovalorizzatore, però, scienza e tecnica ci vengono in soccorso: l’impianto di Torino prevede una serie di unità di trattamento dei fumi di combustione dei rifiuti, in modo tale da permettere il controllo delle emissioni in atmosfera.

Di quali sistemi di controllo delle emissioni è dotato l’impianto?

Il termovalorizzatore di Torino è dotato di quattro diversi sistemi di controllo delle emissioni messi in serie. Ognuno di questi sistemi si occupa della rimozione di specifiche componenti inquinanti del gas. In ordine:

  1. Depolverazione con precipitatore elettrostatico: è il primo sistema di controllo delle emissioni sulla linea di trattamento. Il compito principale di questa unità è quello di rimuovere, attraverso il passaggio dei fumi in un campo elettrostatico, la maggior parte delle ceneri leggere presenti nei fumi a seguito della combustione.
  2. Iniezione di bicarbonato di sodio e carbone attivo granulare: una volta depolverato il gas, è fondamentale rimuovere i gas acidi innescando, grazie al bicarbonato di sodio, una reazione di neutralizzazione. Allo stesso tempo, mettendo a contatto i fumi col carbone attivo granulare, ci si assicura di rimuovere anche i microinquinanti organici (diossine, furani, IPA) e inorganici (mercurio) presenti nei fumi.
  3. Filtrazione a maniche: a valle dell’iniezione di bicarbonato di sodio e carbone attivo, sono installati dei filtri a manica, fondamentali per trattenere i prodotti delle reazioni di neutralizzazione, chiamati tecnicamente Prodotti Sodici Residui (PSR), ed il carbone attivo granulare. Questi prodotti di reazione vengono riciclati dall’azienda Solvay nel processo di produzione del carbonato di calcio.
  4. Sistema di riduzione catalitica: in coda alla linea di trattamento è installato un sistema di riduzione catalitica capace di rimuovere in modo molto efficiente gli ossidi di azoto (NOx). La dissociazione termica dell’urea iniettata nei fumi produce ammoniaca, necessaria per far avvenire la reazione di conversione degli NOx in prodotti innocui (azoto molecolare e vapore acqueo).

E che ne è dei prodotti di scarto solidi della combustione?

Le cosiddette “ceneri pesanti”, residui incombusti che cadono dalla griglia dei forni, all’apparenza sembrano non avere un impiego utile. In realtà, dalle ceneri pesanti vengono recuperati i metalli riciclabili e la restante parte può diventare un materiale di grande interesse nel campo degli inerti da edilizia. Le “polveri leggere” trattenute dall’elettrofiltro o separate nella caldaia, invece, difficilmente trovano un impiego pratico nel settore edile: vengono quindi inertizzate e smaltite in discarica oppure recuperate come corpi di riempimento di miniere e giacimenti dismessi.

Perché si chiama “termovalorizzatore”?

Oltre ad avere la fondamentale funzione di smaltire i rifiuti, una delle funzioni principali e più virtuose di questi impianti è la conversione del calore derivante dalla combustione del rifiuto in ENERGIA. Il termovalorizzatore di Torino produce energia termica corrispondente al fabbisogno di circa 9.300 abitazioni e genera tanta energia elettrica quanta quella consumata da 175.000 famiglie. Tutto questo smaltendo circa 565.000 tonnellate annue di rifiuti urbani e speciali.

Non è incredibile come anche il rifiuto non riciclabile diventi una vera e propria RISORSA?!

Per scoprire ancora di più su questo e molto altro, iscriviti anche tu al corso di Inquinamento Atmosferico!

a cura degli studenti Nicolò Ceccato e Gianluigi Montinaro, con la supervisione dell’Ing. Stefano Puricelli

 

I nostri studenti in visita tecnica all’impianto di potabilizzazione di Ferrara: quale unità operativa sei?

Mercoledì 25 maggio 2022 noi studenti dell’insegnamento di Trattamento delle acque di approvvigionamento, tenuto dalla professoressa Manuela Antonelli, ci siamo recati a Ferrara per visitare l’impianto di potabilizzazione di Pontelagoscuro e poter vedere direttamente le unità operative studiate durante il semestre.

I gestori dell’impianto ci hanno guidato durante la visita. Per iniziare ci siamo recati vicino al fiume Po per vedere le pompe, protette da un pontile, che prelevano acqua per il 70% della richiesta dell’impianto. Il restante proviene dalla falda di subalveo: con questa modalità di estrazione l’acqua viene filtrata dallo strato di terreno in cui la falda si muove. In seguito, abbiamo assistito al controlavaggio di un letto in sabbia quarzifera della filtrazione rapida (l’emozione era alta), esclusivamente per noi è stato programmato in giornata. Le altre unità operative osservate sono state l’aerazione, la chiariflocculazione, l’ozonizzazione, le colonne di carbone attivo granulare e la linea fanghi. In particolare, il reattore in cui viene fatta ozonizzazione è interrato e chiuso per migliorare la solubilizzazione dell’ozono, per cui abbiamo visto l’insufflazione del gas tramite due oblò che si trovano in un piano sotterraneo. L’ozono viene insufflato tramite piattelli che si trovano alla base del reattore, per cui quello che si vede sono delle bollicine che salgono. Infine, per quanto riguarda la linea fanghi, l’impianto si è recentemente convertito a un nuova modalità di disidratazione che consiste nell’inserimento dei fanghi all’interno di grandi sacchi di tessuto drenante, che permettono all’acqua di fuoriuscire tramite pori. In conclusione, siamo andati alle vasche di accumulo, grandi quanto 10 campi da calcio, che, a nostra sorpresa, ospitavano grossi pesci.

Dopo la visita abbiamo creato il gioco di associare alle proprie personalità le varie unità operative viste, cercando di analizzare le caratteristiche e lo scopo di quest’ultime.

Facciamo qualche esempio proprio tramite la linea acque di Ferrara.

Si inizia con una vasca di accumulo, in quanto Ferrara è parzialmente approvvigionata dall’acqua del fiume Po, che in quanto acqua superficiale può essere esposta a variazioni temporanee di concentrazione di contaminanti. Siete persone che tendono a rimandare in continuazione impegni (o esami)? Vi muovete soltanto quando avete l’acqua alla gola? Allora siete proprio una vasca di accumulo!

Nel sedimentatore i solidi sospesi precipitano per gravità, chiaramente si può associare a quelle persone passive alla vita, che hanno come migliore amico il proprio divano.

Siete persone schizzinose nel cibo e nelle relazioni sociali? Siete selettivi in ogni vostra scelta? Siete una filtrazione rapida, che trattiene solo i solidi sospesi.

Tramite l’ozono, prodotto e conservato in loco, l’acqua viene disinfettata in modo aggressivo. Siete capricciosi, ma sapete lavorare duramente? Sapete già.

Se quando entrate voi tutti vi guardano e alle elementari eravate i primi ad essere scelti quando si facevano le squadre, allora siete una colonna di carbone attivo granulare, la “best available technology”. Questa unità operativa è efficacie per una molteplicità di inquinanti.

Lo studio è essenziale, ma complementare a momenti più pratici e, perché no, al divertimento. Tramite questa giornata ci siamo fatti un’idea delle dimensioni e dei problemi tecnici intrinseci ai processi di potabilizzazione, oltre che ad aver risolto alcuni nostri dubbi e curiosità.

Ti sei ritrovato in alcune di queste unità operative? No? Allora sappi che ce ne sono ancora tante altre. Vienile a scoprire al corso di Trattamento delle acque di approvvigionamento!

A cura degli studenti Francesca Neri, Riccardo Bonsignore, Lorenzo Comi, Mattia Rombaldoni, Camilla Berti

Soil remediation of a polluted farming area in Milan: the technical visit of a group of our students

With the students of “Soil Remediation” course of the Master’s Degree of Environmental and Land Planning Engineering, on the 18th of May 2022 Prof. Sabrina Saponaro organized a visit to the polluted farming area in Milan.

In 2015 at the site there was a spill due to an attempt to steal some refined oil from a pipeline that crosses the fields. This action resulted in the pollution of about 12000 m2 of soil by petroleum hydrocarbons. Unfortunately, this is not a rare situation, as hundreds of spills occurred in the same year in northern Italy.

After the spill, an emergency action was quickly performed in order to remove the oil and avoid further spread into the environment.

Later on, in order to establish the most suitable remediation approach, a deep characterization of the site was performed, in particular collecting data about soil texture, chemical and microbiological characteristics, pollution distribution and concentrations, groundwater level, etc.

A group of different remediation technologies was considered suitable to deal with the different issues to be solved at the site:

  • A reactive barrier containing activated carbons was used to sorb dissolved hydrocarbons and promote their biodegradation. This barrier was located between the contaminated area and a natural canal close to it, to prevent pollution from flowing into the surface water.
  • Enhanced bioremediation, to treat the deep soil (1 to 3 meters below ground surface) through the injection of chemicals promoting the biodegradation, under either aerobic or anaerobic conditions, according to the hydrocarbon concentrations in the different layers of the soil.
  • Phytoremediation, to treat the shallow soil (the first meter below ground surface).

With reference to petroleum hydrocarbons, this technique involves the use of plants to degrade the pollutants in the soil. Different species of bacteria grow in symbiosis with the roots of these plants, speeding up the biodegradation rate.
This technique was applied where the hydrocarbon concentrations were not too high, as it allows the preservation of the agricultural function of the area. Although the technology takes a long time to clean up, there is no urgency of restoring the agricultural activities at the site. In addition, it has low costs if compared to other technologies and it is suitable also in case of lack of electricity, as it was at the site.

Currently, phytoremediation pilot tests are ongoing, and the suitability of different plants species is being evaluated. Corn, castor, sunflower and sorghum are grown in spring and summer, while vetch and rapeseed are grown in autumn and winter. By differentiating the species, remediation is guaranteed all year long.

The full-scale application will follow the pilot tests.

News by the group of attending students

Silvia Maria Bellù, Alice Canducci, Eugenio Ciabattoni, Pietro Citterio, Simone Lacioppa, Alessandro Manea, Afshin Moazzam, Varun Mohan, Sara Piraldi, Paolo Provani, Tifenn Rosec, Ilaria Vicari, Simone Zungri

Technical visit to a Soil Vapor Extraction system for Soil Remediation course

With the students of “Soil Remediation” course of the Master’s Degree of Environmental and Land Planning Engineering, we visited a remediation plant located in Turin province, in particular a system called Soil Vapor Extraction (SVE, see figure). This is one of the remediation techniques we studied during the course. The site used to be a car factory, which caused the contamination from volatile pollutants in the soil. In particular, leakage of organic solvents stored in underground tanks occurred in the past.

A contaminated soil can be a risk for both human health and the environment because volatile pollutants can potentially be emitted at ground surface or migrate into buildings and be inhaled by humans, or can reach groundwater, whose quality can be negatively affected. Therefore, the polluters are required by law to remediate contamination and to pay for this.

The remediation technique chosen for the site (SVE) exploits the fact that volatile pollutants can be extracted by pumping the polluted gases out of the unsaturated soil through extraction wells and treated at ground surface before being released cleaned into the environment. The plant is remote controlled and works H24.

The technology also includes monitoring probes for the periodical monitoring of the system effects, such as depressure, pollutant concentration in the soil gas, etc.

A SVE system is typically very effective in permeable soils, and it avoids soil excavation and landfilling. Moreover, wells are located underground and connected to the treatment unit by underground pipes, so that they do not bother the activities occurring at the site.
The full-scale plant at the Site was designed based on the information acquired from tests performed by using a pilot plant. This consisted of a small-scale plant composed by one extraction well and ten monitoring probes.

Constant-rate tests were performed using two different flow rates. For each of them, the distance from the well within which the treatment can be effective (“radius of influence”) was assessed, and this allowed to choose the optimal condition for the treatment. The information on the radius of influence was used to assess how many venting wells were needed to cover the whole contaminated area and their position in the soil. The monitoring probes were used to measure the pollutant concentration in the soil gas. This data and the optimal flow rate value were used to design the off-gas treatment section.

The SVE remediation at the site started in November 2021 and is expected to last about one year.

News by the attending students: Silvia Maria Bellù, Eugenio Ciabattoni, Pietro Citterio, Adele Galbiati, Simone Lacioppa, Alessandro Manea, Sara Piraldi, Tifenn Rosec, Ilaria Vicari, Joseph Wilson Damian

 

 

 

 

Piani di studio per la Laurea Magistrale: vincoli di compilazione e altre indicazioni

Gentili studenti,

ai fini della compilazione del Piano degli Studi individuale per la Laurea Magistrale, vi invitiamo a leggere con attenzione le indicazioni riportate in questa news (disponibili anche in formato PDF) che contiene indicazioni molto importanti riguardanti il rispetto dei Vincoli di Statuto.

La commissione Piani di studio incontra e/o informa ciclicamente gli studenti fornendo anche suggerimenti per la compilazione. Si vedano a questo proposito:

Per ogni necessità, invitiamo gli studenti a rivolgersi direttamente ai membri della Commissione Piani di Studi (chi sono? visita questa pagina)

Vincoli di Statuto per la compilazione dei piani di studio della Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio

Ai fini del conseguimento della Laurea Magistrale, ogni piano di studi, sia autonomo sia consigliato, nel suo complesso (120 CFU su 2 anni) deve obbligatoriamente rispettare i seguenti vincoli di statuto:

  • almeno 56 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti caratterizzanti (attività formative indicate con la lettera B oppure B/C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM);
  • almeno 34 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti affini (attività formative indicate con la lettera C oppure B/C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM);
  • di questi 34 CFU affini, almeno 14 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti affini puri (attività formative indicate esclusivamente con la lettera C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM).

Nella verifica dei vincoli, ciascun insegnamento indicato come B/C può essere conteggiato una sola volta: o tra i caratterizzanti (B) oppure tra gli affini (C).

Ecco la tabella (in formato PDF) che indica quali Settori Scientifico Disciplinari (SSD) ricadano tra i caratterizzanti e/o gli affini per Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio.

Stante che i vincoli sopra riportati si riferiscono al Piano di Studi complessivo (120 CFU previsti nei 2 anni della LM) e sono inderogabili, si raccomanda agli studenti di tenerne conto già nella compilazione del Piano di Studi del primo anno. Con vincoli inderogabili, si intende che non è possibile per nessun motivo conferire il titolo di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio a studenti che non li abbiano rispettati.

Per eventuali dubbi sulle modalità di presentazione del Piano di Studi e sul soddisfacimento dei vincoli sopra riportati, potete contattare la prof. ssa Paola Gattinoni (indirizzi in lingua italiana) o il prof. Mirko Reguzzoni (indirizzo in lingua inglese).

Ai fini del conseguimento della Laurea Magistrale, ogni piano di studi, sia autonomo sia consigliato, nel suo complesso (120 CFU su 2 anni) deve obbligatoriamente rispettare i seguenti vincoli di statuto:

  • almeno 56 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti caratterizzanti (attività formative indicate con la lettera B oppure B/C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM);
  • almeno 34 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti affini (attività formative indicate con la lettera C oppure B/C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM);
  • di questi 34 CFU affini, almeno 14 CFU devono essere conseguiti per insegnamenti affini puri (attività formative indicate esclusivamente con la lettera C nelle tabelle del manifesto degli studi di LM).

Nella verifica dei vincoli, ciascun insegnamento indicato come B/C può essere conteggiato una sola volta: o tra i caratterizzanti (B) oppure tra gli affini (C).

Ecco la tabella (in formato PDF) che indica quali Settori Scientifico Disciplinari (SSD) ricadano tra i caratterizzanti e/o gli affini per Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio.

Stante che i vincoli sopra riportati si riferiscono al Piano di Studi complessivo (120 CFU previsti nei 2 anni della LM) e sono inderogabili, si raccomanda agli studenti di tenerne conto già nella compilazione del Piano di Studi del primo anno. Con vincoli inderogabili, si intende che non è possibile per nessun motivo conferire il titolo di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio a studenti che non li abbiano rispettati.

Per eventuali dubbi sulle modalità di presentazione del Piano di Studi e sul soddisfacimento dei vincoli sopra riportati, potete contattare la prof. ssa Paola Gattinoni (indirizzi in lingua italiana) o il prof. Mirko Reguzzoni (indirizzo in lingua inglese).

Visita tecnica ad una miniera di olivina degli studenti di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici

Con gli studenti dell’insegnamento di Mitigazione dei cambiamenti climatici della Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio siamo andati a visitare la miniera di olivina di Nuova Cives a Vidracco (To). Il motivo è che l’olivina, un silicato di ferro e magnesio, è proposta a livello internazionale come materiale per rimuovere CO2 dall’atmosfera tramite un processo di enhanced weathering.

In breve, la roccia reagisce con la CO2 e i bicarbonati dai fiumi finiscono nel mare (dove contrastano l’acidificazione). È un processo del tutto naturale, in natura però lentissimo, e si tratta quindi di capire come accelerarlo in modo sostenibile. Si possono utilizzare  granulometrie finissime, anche se per sminuzzare la roccia serve energia: il processo richiede un’ottimizzazione, dunque.

Dopo la visita tecnica, c’è stato il collegamento in streaming dalla biblioteca di Vidracco con il Dr. Pol Knops, un ricercatore olandese che studia l’efficacia di questo processo con la società Green Minerals

I dettagli sono su questo articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Ingegneria dell’Ambiente”, nato dalla relazione scritta da Mark, uno studente del corso.

Matalog M., Ferrero M. e Caserini S. (2020) Resoconto della visita tecnica alla miniera di olivina di Vidracco (To), Ingegneria dell’Ambiente, 7:1. DOI: 10.32024/ida.v7i1.260

Incontro con la Commissione piani di studio A.A. 2019/20

Ciao a tutti/e,

in vista delle prossime scadenze relative alla domanda di ammissione alla LM e alla presentazione del Piano di studi, vi invitiamo a partecipare ad un incontro di orientamento organizzato dalla Prof.ssa Gattinoni e dalla Prof.ssa Carrion (Commissione Piani di Studio), nel quale verranno trattati i seguenti temi:

  • presentazione della domanda di ammissione alla LM per chi intende effettuare un cambio di indirizzo;
  • linee guida per la compilazione del Piano di Studi.

L’incontro si terrà martedì 5 febbraio 2019 dalle 14.30 alle 16.00 in aula S12.

Consigliamo di partecipare specialmente agli studenti che si devono immatricolare alla LM nel secondo semestre dell’a.a. 2018-2019.

Intanto vi auguriamo una buona sessione.

I rappresentanti degli studenti

Chiara, Gaia, Monica, Lorenzo

Aggiornamento dell’8 febbraio 2019: sono disponibili le note sull’incontro per chi non abbia potuto partecipare