Author: Lorenzo Rossi

Visita tecnica presso gli impianti di riciclo della plastica di Borgaro Torinese (TO) e Borgolavezzaro (NO) – 5 novembre 2024

Il giorno 5 novembre 2024, nell’ambito del corso di Solid Waste Management and Treatment del professor Mario Grosso, abbiamo visitato in mattinata l’impianto gestito da AMAT-IREN presso Borgaro Torinese (TO) e, nel pomeriggio, l’impianto gestito da Aliplast a Borgolavezzaro (NO).

Entrambi gli impianti operano 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e contribuiscono a due diverse fasi della filiera del riciclo della plastica: il primo si occupa di selezionare i materiali ricevuti dalla raccolta differenziata in base ai polimeri e al colore, mentre il secondo tratta solo il PET e il PE per renderli riutilizzabili nella produzione di nuovi prodotti.

Questa visita ci ha permesso non solo di osservare dal vivo i macchinari studiati a lezione, ma anche di confrontarci con gli operatori del settore, come l’ing. Pietro Navarotto, responsabile del progetto e della costruzione dell’impianto di Borgaro Torinese per conto di Stadler Italia e l’ing. Massimo Autunno, responsabile dello stabilimento Aliplast di Borgolavezzaro. Inoltre, abbiamo approfondito sia aspetti tecnici, come i sofisticati sistemi antincendio delle zone di stoccaggio dei materiali, sia tematiche di attualità, come i possibili effetti dell’implementazione di sistemi di deposito cauzionale (Deposit Return System, DRS) su tali impianti, nonché la gestione complessiva della plastica, di cui ogni cittadino ne produce circa 25 kg all’anno.

 

Nell’impianto di Borgaro Torinese, gestito da IREN Ambiente, la plastica viene separata sulla base del colore e del polimero da cui è composta. Questo risultato è possibile utilizzando 22 separatori ottici NIR (Nera Infra Red), che rendono l’impianto tra i più avanzati a livello internazionale. Ogni anno vengono trattate circa 100.000 tonnellate di rifiuti plastici: il 20% proviene dalla regione Piemonte, in particolare dalla città di Torino, mentre il restante 80% deriva da varie altre province italiane.

Il materiale, che può arrivare in balle o sfuso, viene miscelato prima di essere avviato al trattamento. Un sistema di pavimenti mobili alimenta costantemente la linea di processo, dove avviene una prima separazione su base dimensionale. I materiali più grossolani vengono ulteriormente trattati tramite un separatore balistico con un cut-off di 400 mm, e successivamente si esegue una selezione manuale per affinare la qualità dei materiali.

Il cuore del processo risiede appunto nei separatori ottici NIR: il materiale viene accelerato a 4 m/s, così da essere distribuito uniformemente su un nastro trasportatore e scansionato dai sensori. In base alla composizione rilevata, vengono attivati getti d’aria compressa che separano i flussi degli specifici polimeri dalle altre plastiche. I materiali scartati vengono sottoposti a ulteriori scansioni per recuperare quanto più materiale possibile. In seguito, il flusso di PET è ulteriormente scansionato da sensori NIR per ottenere una suddivisione in base al colore.

   

Al termine del processo, la plastica selezionata viene stoccata in balle divise per polimero e colore, con un grado di purezza che supera il 95%. Gli scarti, che rappresentano solo il 14% del flusso in ingresso, vengono utilizzati per produrre CSS (combustibile solido secondario), destinato al recupero energetico. Una piccola parte di poliolefine viene invece destinata alla produzione di asfalti o come additivi per l’industria dell’acciaio.

L’aria utilizzata per la rimozione dei vari flussi deve essere trattata prima della re-immissione in atmosfera; ciò avviene tramite un sistema di filtri a maniche, che garantisce il rilascio in atmosfera di aria priva di polveri.

Questa prima visita ci ha permesso di comprendere il funzionamento degli impianti di selezione della plastica, evidenziando il ruolo cruciale delle tecnologie avanzate, ma anche della manodopera umana nel garantire un prodotto di alta qualità e nel contribuire alla transizione verso un’economia circolare.

Nel pomeriggio, ci siamo spostati a Borgolavezzaro, presso l’impianto Aliplast, dove il processo si concentra sul trattamento di PET e PE per la preparazione al riciclo. Le balle di plastica provenienti dai centri di selezione vengono registrate per garantire la tracciabilità; inoltre, esse sono suddivise per colore, infatti, si trattano singolarmente delle plastiche trasparenti, azzurre e opache.

Dopo la rimozione delle legature, le balle vengono aperte e avviate a una fase di prelavaggio con acqua, che consente di eliminare impurità, etichette e film plastici residui. Il materiale viene quindi sottoposto a selettori ottici e magneti per eliminare metalli e impurità che potrebbero danneggiare l’impianto.

   

Dopo una fase di macinazione, le bottiglie vengono lavate con una combinazione di acqua, detergenti e soluzioni alcaline, e il materiale risultante viene separato in base al peso specifico. Le scaglie di plastica così ottenute vengono asciugate tramite vibrazioni, selezionate ulteriormente in base al colore e sottoposte a un processo di estrusione.

Questo permette di ottenere granuli, successivamente trattati in un cristallizzatore per opacizzarli. Il prodotto finale è venduto per la produzione di nuovi articoli, come bottiglie, bobine o altri prodotti in ambito cosmetico, farmaceutico e alimentare; l’impianto dispone infatti di una particolare linea di trattamento che consente di raggiungere la classificazione di prodotto idoneo al contatto con il cibo.

L’impianto dispone anche di un estrusore a bolla per la produzione diretta di bobine di plastica riciclata, utilizzata nella manifattura di pneumatici.

L’acqua di processo viene trattata con un sistema di filtrazione meccanica, seguita da un trattamento chimico-fisico con solfato ferroso ed elettroliti, e infine sottoposta a un trattamento biologico. Al termine, l’acqua depurata viene immessa nella rete fognaria.

Il materiale prodotto viene analizzato per garantire l’assenza di contaminanti e il rispetto delle norme di sicurezza.

In questo impianto, oltre ad aver visto il funzionamento dei macchinari descritti in precedenza, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con gli esperti del settore e di indagare meglio come funziona il riciclaggio della plastica e quali possono essere i rischi dovuti al suo utilizzo. Le caratteristiche visive del PET riciclato tendono a variare a causa dei successivi trattamenti a cui è sottoposto: assume una colorazione più scura a causa della degradazione molecolare; tuttavia, ci è stato spiegato che si tratta unicamente di un impatto visivo a cui non siamo ancora abituati, ma che non presenta alcun rischio per la salute umana.

 

 

Visita tecnica all’impianto di trigenerazione del Campus Leonardo del Politecnico di Milano – 31 maggio 2024

Il 31 maggio 2024 gli studenti dell’insegnamento “Power generation systems” (docente: prof. Paolo Colbertaldo) della Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio hanno partecipato alla visita all’impianto di trigenerazione del Campus Leonardo del Politecnico di Milano.
Il Dr. Filippo Bovera ha mostrato il sistema e la sala controllo, presentando la configurazione d’impianto e discutendo i vantaggi in termini di efficienza energetica dati dalla produzione combinata di elettricità, calore e raffrescamento. Il sistema di trigenerazione si basa su un moderno motore a combustione interna da 2 MWe alimentato a gas naturale, il cui funzionamento segue le domande degli edifici del campus e interagisce sia con la rete elettrica sia con la produzione di elettricità intermittente dai sistemi solari fotovoltaici, presenti sui tetti di molti edifici dell’università.

   

 

Visita tecnica alla diga di Place Moulin in Valpelline (AO) – 17 maggio 2024

Nell’ambito dell’insegnamento di “Groundwater and River Applied Modeling” i professori Francesco Ballio e Davide Borsani hanno organizzato il 17-18 maggio 2024 una visita tecnica presso la diga di Place Moulin in Valpelline (AO) gestita da CVA spa.

Qui l’ing. Lorenzo Artaz (ufficiale capo delle operazioni di CVA) e l’ing. Ivan Nuris (capo della divisione civile e idraulica di CVA) hanno illustrato agli studenti le fasi di costruzioni della diga, il funzionamento strutturale e idraulico, le procedure di manutenzione e le tecniche di monitoraggio della diga. Gli studenti hanno avuto l’esclusiva opportunità di entrare nella pancia della diga e di camminare sul coronamento della stessa. La visita tecnica alla centrale è stata un’occasione per comprendere il funzionamento delle opere idrauliche associate alle dighe, come le opere di presa e gli sfioratori, i canali di derivazione e lo scarico di fondo. Inoltre sono stati approfonditi i processi naturali e stagionali dell’opera, come il respiro termico della struttura, il trasporto solido di sedimenti nel bacino e la variazione stagionale degli afflussi idrici.

 

Nel pomeriggio il gruppo si è spostato presso la centrale idroelettrica di Valpelline dove, in seguito ad una spiegazione teorica del funzionamento dell’impianto, è stato possibile visitare la sala macchine e il punto di arrivo delle condotte forzate. Gli studenti hanno avuto l’occasione di approfondire alcuni temi dell’idroelettrico che difficilmente si ha tempo di affrontare durante le ore curricolari. Tra questi, le diverse tipologie di turbine (Pelton, Francis e Kaplan), il fenomeno della cavitazione, il funzionamento elettrico dell’alternatore e del trasformatore e il ruolo del pozzo piezometrico nel fenomeno idraulico del “colpo di ariete”.

   

La visita si è conclusa il giorno successivo, quando la classe ha approfondito i temi legati all’idraulica fluviale, grazie a un sopralluogo al torrente Lys nella Valle di Gressoney. Gli studenti hanno potuto osservare dal vivo il comportamento della corrente in ambiente montano. In particolare si è approfondito il ruolo delle briglie, la pericolosità idraulica dei ponti, le diverse configurazioni morfologiche che può assumere un alveo, le diverse tipologie di paratoie (piana, a ventola, a settore) e l’importanza di garantire la continuità ecologica lungo l’asta fluviale.

    

Visita tecnica al Centro di Monitoraggio Geologico di Arpa Lombardia – 16 maggio 2024

Nell’ambito dell’insegnamento di “Surveying and Monitoring Methods” abbiamo organizzato una visita tecnica presso il Centro Monitoraggio Geologico (CMG) di ARPA Lombardia a Sondrio. Nella sede del centro il direttore Dott. Luca Dei Cas ha guidato la visita alla sala operativa ed illustrato le modalità di monitoraggio in tempo reale 24 ore su 24 delle grandi frane della Lombardia. Gli studenti hanno avuto la possibilità di osservare la quantità e la metodologia di raccolta ed analisi dei dati rilevati dai vari se nsori, come sensori idrometeorologici, sensori per il monitoraggio topografico e GNSS, geotecnico e geologico, webcam, che vengono collezionati in tempo reale (o quasi-reale) relativi a tutti gli eventi franosi sotto osservazione (più di quaranta). Questo tipo di monitoraggio è eseguito ai fini dell’allertamento e serve per controllare l’evoluzione dei movimenti dei corpi franosi, identificando così il grado di pericolosità ed attivando, sulla base dei dati ricevuti, diversi livelli di allerta per mettere in funzione i meccanismi di difesa più efficaci, realizzando così un sistema di early-warning. Il CMG di ARPA Lombardia è un centro di eccellenza nel panorama italiano rispetto alla realizzazione di sistemi di early-warning.

    

Nel pomeriggio la visita si è conclusa con un sopralluogo al sistema di monitoraggio permanente della frana della val Genasca. Questa frana ha un’estensione di circa 30.000 m2 e le sue caratteristiche cinematiche sono monitorate da diverse strumentazioni: degli estensimetri a filo, una stazione meteorologica, una stazione totale robotizzata, 20 mire ottiche poste sia all’interno che all’esterno dell’area in movimento, dei tubi piezometrici e inclinometrici. Il sistema di monitoraggio topografico è installato nel territorio comunale di San Giacomo Filippo (frazione Ugia) in provincia di Sondrio dove gli studenti hanno potuto osservare direttamente l’area interessata dalla frana nel suo insieme e la strumentazione presente in loco per il suo monitoraggio, come la stazione totale robotizzata per il monitoraggio topografico e la webcam.

L’analisi dei dati raccolti da questi sensori ha permesso nel tempo di stimare in circa 500.000 m3 il volume di materiale in movimento e, in particolare, i dati topografici sono stati fondamentali per definire il cinematismo della frana, evidenziando uno slittamento rotazionale. Si è potuto comprendere infine come l’attuale rete di controllo sia stata predisposta ai fini di allertamento per l’attivazione di un eventuale piano di protezione civile.

Visita tecnica ad un’area agrigcola in Assiano (MI) bonificata dagli idrocarburi – 13 maggio 2024

Il 13 maggio 2024 è stata organizzata una visita tecnica per gli studenti del corso di “Soil Remediation” del Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per lAmbiente ed il Territorio. L’obiettivo era di far conoscere la realtà di un sito in fase di bonifica e di approfondire le tecnologie di bonifica.

Il sito è un’area agricola a Assiano (MI), a sud-ovest di Milano, dove nel 2015 si è verificata una fuoriuscita di idrocarburi da un oleodotto sotterraneo. Azioni di emergenza rapide hanno permesso di rimuovere il gasolio fuoriuscito dalle falde acquifere e di sostituire la condotta danneggiata. Dopo una caratterizzazione del sito e una valutazione del rischio specifica, sono state scelte le biopile e la fitodepurazione come tecnologie di bonifica per i suoli più e meno inquinati, rispettivamente.

La biopila è un trattamento biologico in cui il suolo viene scavato e accumulato in cumuli aerati per sfruttare i microrganismi nel degradare gli inquinanti in condizioni aerobie. Il test pilota effettuato per il sito ha mostrato un’efficienza di rimozione insufficiente per raggiungere la concentrazione obiettivo di bonifica e la necessità di installazioni incompatibili con l’uso agricolo dell’area. Pertanto, questa tecnologia è stata abbandonata.

La fitodepurazione si basa sull’uso delle piante per degradare, estrarre, stabilizzare o detossificare gli inquinanti nel suolo. In questo caso, l’obiettivo era la degradazione in situ, grazie all’azione combinata degli enzimi radicali e dei batteri del suolo nella rizosfera. Le specie legnose sviluppano radici nel tempo; più vecchia è la pianta, più lunghe sono le radici e più profonde si trovano nel suolo. Le specie erbacee possono essere utilizzate per trattare il suolo superficiale.

Un test a scala pilota è iniziato nel 2019 utilizzando pioppi come specie legnose, previsti per la maggior parte del sito, mentre l’erba medica è stata utilizzata come specie erbacea vicino all’oleodotto, dove le radici legnose avrebbero potuto causare danni. Da marzo 2019 a settembre 2021, in molti dei punti di monitoraggio si è ottenuta una significativa diminuzione della concentrazione di idrocarburi.

In base ai risultati soddisfacenti del test, nel 2023 sono stati piantati pioppi per la bonifica del sito, secondo una griglia regolare di circa 4 m x 4 m, per garantire una copertura completa dell’area e una profondità da trattare (3 m sotto la superficie del suolo). Oggi il sistema radicale ha raggiunto i 2/2,5 metri di profondità, con una buona riduzione della concentrazione di inquinanti. Il tempo stimato per completare la bonifica è di circa cinque-dieci anni.

In conclusione, sebbene il lungo tempo necessario per bonificare il sito con la fitodepurazione, questa tecnologia sembra essere una buona alternativa alla biopila, consentendo un’azione meno invasiva sul suolo, con costi inferiori e offrendo benefici all’ecosistema, anche per il suolo più contaminato del sito.

Dopo il completamento della bonifica, il sito sarà nuovamente destinato a scopi agricoli.