Anatomia di un termovalorizzatore: familiarizzare con le necessità del tessuto urbano

Lunedì 30 Maggio 2022, gli studenti di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio iscritti all’insegnamento di Inquinamento Atmosferico del Prof. Giovanni Lonati, si sono recati in visita al termovalorizzatore di rifiuti di Torino e hanno avuto modo di vedere con i propri occhi i sistemi di depurazione dei flussi gassosi studiati durante l’anno.

Come funziona un termovalorizzatore?

In buona sostanza, un termovalorizzatore funziona come un enorme forno che utilizza come combustibile i rifiuti, trasformandoli in sostanze meno impattanti per l’ambiente, riducendo le quantità e i volumi di sostanze da inviare a smaltimento finale ed ottenendo un recupero di parte del contenuto energetico del rifiuto stesso. Il calore sviluppato dalla combustione dei rifiuti viene infatti convertito in energia termica ed elettrica da immettere in rete e rendere disponibile ai cittadini.

Ma bruciare rifiuti non inquina?

Senza ombra di dubbio bruciare in maniera non controllata i rifiuti è quanto di più sconsiderato si possa fare. Nel caso di un termovalorizzatore, però, scienza e tecnica ci vengono in soccorso: l’impianto di Torino prevede una serie di unità di trattamento dei fumi di combustione dei rifiuti, in modo tale da permettere il controllo delle emissioni in atmosfera.

Di quali sistemi di controllo delle emissioni è dotato l’impianto?

Il termovalorizzatore di Torino è dotato di quattro diversi sistemi di controllo delle emissioni messi in serie. Ognuno di questi sistemi si occupa della rimozione di specifiche componenti inquinanti del gas. In ordine:

  1. Depolverazione con precipitatore elettrostatico: è il primo sistema di controllo delle emissioni sulla linea di trattamento. Il compito principale di questa unità è quello di rimuovere, attraverso il passaggio dei fumi in un campo elettrostatico, la maggior parte delle ceneri leggere presenti nei fumi a seguito della combustione.
  2. Iniezione di bicarbonato di sodio e carbone attivo granulare: una volta depolverato il gas, è fondamentale rimuovere i gas acidi innescando, grazie al bicarbonato di sodio, una reazione di neutralizzazione. Allo stesso tempo, mettendo a contatto i fumi col carbone attivo granulare, ci si assicura di rimuovere anche i microinquinanti organici (diossine, furani, IPA) e inorganici (mercurio) presenti nei fumi.
  3. Filtrazione a maniche: a valle dell’iniezione di bicarbonato di sodio e carbone attivo, sono installati dei filtri a manica, fondamentali per trattenere i prodotti delle reazioni di neutralizzazione, chiamati tecnicamente Prodotti Sodici Residui (PSR), ed il carbone attivo granulare. Questi prodotti di reazione vengono riciclati dall’azienda Solvay nel processo di produzione del carbonato di calcio.
  4. Sistema di riduzione catalitica: in coda alla linea di trattamento è installato un sistema di riduzione catalitica capace di rimuovere in modo molto efficiente gli ossidi di azoto (NOx). La dissociazione termica dell’urea iniettata nei fumi produce ammoniaca, necessaria per far avvenire la reazione di conversione degli NOx in prodotti innocui (azoto molecolare e vapore acqueo).

E che ne è dei prodotti di scarto solidi della combustione?

Le cosiddette “ceneri pesanti”, residui incombusti che cadono dalla griglia dei forni, all’apparenza sembrano non avere un impiego utile. In realtà, dalle ceneri pesanti vengono recuperati i metalli riciclabili e la restante parte può diventare un materiale di grande interesse nel campo degli inerti da edilizia. Le “polveri leggere” trattenute dall’elettrofiltro o separate nella caldaia, invece, difficilmente trovano un impiego pratico nel settore edile: vengono quindi inertizzate e smaltite in discarica oppure recuperate come corpi di riempimento di miniere e giacimenti dismessi.

Perché si chiama “termovalorizzatore”?

Oltre ad avere la fondamentale funzione di smaltire i rifiuti, una delle funzioni principali e più virtuose di questi impianti è la conversione del calore derivante dalla combustione del rifiuto in ENERGIA. Il termovalorizzatore di Torino produce energia termica corrispondente al fabbisogno di circa 9.300 abitazioni e genera tanta energia elettrica quanta quella consumata da 175.000 famiglie. Tutto questo smaltendo circa 565.000 tonnellate annue di rifiuti urbani e speciali.

Non è incredibile come anche il rifiuto non riciclabile diventi una vera e propria RISORSA?!

Per scoprire ancora di più su questo e molto altro, iscriviti anche tu al corso di Inquinamento Atmosferico!

a cura degli studenti Nicolò Ceccato e Gianluigi Montinaro, con la supervisione dell’Ing. Stefano Puricelli